‘O ffuoco ‘e Sant’Antuono e l’Edicola Votiva
RUBRICA – FOLCLORE AVERSANO
Ad Aversa, nello slargo dove oggi insiste il locale “Il Chiostro”, si notano i resti gotici dell’antica Chiesa di Sant’Audeno. Il culto di Sant’Audeno (di nobile famiglia, cancelliere di Dagoberto II e dal 640 vescovo di Rouen), diffuso nel Nord della Francia, fu portato dai Normanni. Nota già dal 1202, era inizialmente a tre navate.
Già il Parente, verso fine Ottocento, ne ricorda lo stato di abbandono, ma facciamo un salto di circa novant’anni. In quel momento, divenne parroco di Sant’Audeno don Vincenzo Chiacchio che, al suo arrivo, si accorse subito delle carenti condizioni della struttura. Resistette solo due anni, la soluzione sarà risolta con il trasferimento dell’antica parrocchia nella vicina Chiesa della SS. Trinità. Trasferire la sede parrocchiale non sarà facile, ma il tutto fu possibile grazie all’aiuto di Mons. Carmine Cesarano, e con Decreto vescovile il trasferimento si ebbe il 21 Ottobre del 1934.
Sei anni dopo, il 25 Novembre 1940, Mons. Antonio Teutonico dichiarava: <<La chiesa dedicata a S. Audeno, già sede della parrocchia omonima, è ridotta ad uso profano>>. L’interno fu trasformato del tutto (le cappelle laterali divennero abitazioni) e parte del complesso ospiterà un Asilo la cui direzione fu affidata alle Suore degli Angeli.
L’antica parrocchia, prima del trasferimento, vantava il possesso di numerose proprietà, difatti, di sua pertinenza erano la maggior parte dei fabbricati che ancora circondano il sito. La devozione popolare, inoltre, si legò alla figura di Sant’Antonio Abate, la cui edicola circolare è posta sulla facciata di un bel palazzetto di recente ristrutturazione che domina il rione accanto alla sua gemella dedicata al “padrone di casa” Audeno.
Sant’Antonio Abate, è patrono degli animali, difatti, l’iconografia lo vuole spesso in compagnia di un maiale, ma la sua dote migliore, è quella di essere protettore dalle avversità del fuoco. E’ stato considerato guaritore dell’ herpes zoster, chiamato appunto “fuoco di Sant’Antonio”. Nell’iconografia tradizionale il santo viene rappresentato vestito col saio, il cappuccio, lo scapolare dell’ordine, un porcellino ai suoi piedi, il simbolo del tau, la fiamma che fuoriesce dalla mano e con un bastone da cui pendeva un campanellino (che gli serviva per scacciare i demoni e per segnalare l’arrivo di malati contagiosi). E’ inoltre il protettore dei: tosatori, guantai, fabbricatori e commercianti di tessuti, macellai, droghieri e salumieri.
Fino a qualche anno fa, nella notte tra il 16 e il 17 Gennaio, dinnanzi all’antico sagrato di Sant’Audeno in Aversa, era organizzata la tradizionale festa dei falò, durante la quale ogni abitante del rione portava qualcosa da ardere: fascine, ramoscelli, oggetti vecchi e inutilizzati, addirittura residui di cartapesta del presepe, e tutto ciò che contribuiva ad alimentare “’O ffuoco ‘e Sant’Antuono“. Il mucchio di ramoscelli e fascine si consuma lentamente trasformandosi prima in brace, poi in cenere. Un rituale che assume un significato propiziatorio, scaramantico, per allontanare le forze del male nel giorno in cui <<si guadagna un’ora di luce>>, ossia mentre le giornate cominciano ad allungarsi dopo il buio di novembre e dicembre. Il santo, infatti, è la trasfigurazione fisica del vecchio inverno, che man mano volge al declino cedendo il posto alla luce. Attorno al falò si consumava carne perlopiù di maiale. Balli, canti e vino rosso a volontà completavano il quadro. <<Sant’Antuono pigliate ‘o viecchio e damme ‘o nuovo>> , è infatti il proverbio che segna questo passaggio, questo simbolo di rinascita dopo un ciclo che si avvia alla sua naturale conclusione, una frase recitata anche dai bambini alla caduta di un dentino.
© Testo di Luigi Cipullo
In copertina: Foto di un falò di Sant’Antuono – (se si condivide l’articolo indicare le fonti).