Le scelte politiche dei cavalieri normanni

Le scelte politiche dei cavalieri normanni

RUBRICA – I NORMANNI IN CALABRIA

(a cura di Antonio Ciappina)

In Europa, tra il XI e il XII sec., cambiò il potere politico con la nascita di nuove casate capaci di esercitare un potere politico su ampi territori, si avvertì l’esigenza di ridurre il potere di nobili più potenti, attraverso riforme amministrative e giudiziarie anche tramite il diritto feudale.

Nel Medioevo molti popoli anche di origine germanica diedero vita a nuove casate autonome e attraverso la forza militare, furono capaci di insediarsi in vasti territori. Tra questi popoli si distinsero i Normanni e come ben sappiamo, essi erano un popolo guerriero  con una grande capacità di adattamento che diedero vita alle prime forme di stato moderno con un potere monarchico integrandosi come aristocrazia militare, dando vita a delle signorie politico-territoriali come avvenne in Inghilterra dopo la battaglia di Hanstings del 1066, dove Guglielmo duca di Normandia conquistò L’Inghilterra mettendo fine alla monarchia anglo-sassone.

I normanni in terra inglese, costruirono numerosi castelli formando ad una sorta di potere feudale  dove furono registrate le propietà fondiarie con l’indicazione della loro estensione, il nome dei vassali  e i numeri dei capifamiglia residenti, allo stesso modo i normanni fecero nel Sud Italia approfittando delle tensioni politiche tra bizantini e longobardi inserendosi nei poteri locali, attraverso prestazioni militari come mercenari dove furono ricompensati con donazioni di territori.

L’intento dei normanni nel sud, era quello di una politica missionaria sostenuta dal papato, volta alla conquista del Sud Italia simboleggiata dalla cristianità, ogni città o territorio conquistato veniva impiantato un sistema feudale in cambio di fedeltà e tributi ricevendo in cambio benefici e protezione. Una caratteristica di questo popolo che li distinse da altri, fu la pacifica convivenza con varie culture: Latini, Arabi, Longobardi ecc, dove poterono conservare le loro tradizioni e la loro religione e alcuni erano nominati anche per la gestione del potere.  Il gran conte Roberto il Guiscardo come il fratello e altri signori normanni, aprirono la strada ad una serie di interessi e radicamenti territoriali e relazioni, che portarono all’unità del regno da parte di Ruggero II D’Altavilla.

Con la morte dei due fratelli Altavilla, il potere normanno si divise tra la parte continentale e la Sicilia, Ruggero II figlio di Ruggero I D’Altavilla, unificò tutti i territori e nel 1130 portò alla nascita del Regno di Sicilia. Un’organizzazione centralizzata come era il neonato Regno di Sicilia, non garantiva la nascita dei poteri comunali come era avvenuto nel Nord Italia, ma si conviveva con i poteri locali come avveniva in Inghilterra  con una divisione  e un censimento degli obblighi feudali in competenze come la finanza, le armi ecc.

Proclamato il nuovo regno, Ruggero riorganizzò l’apparato amministrativo lasciando vive le precedenti istituzioni come il principato di Capua e il ducato di Puglia, ma solo come entità geografiche, la capitale divenne Palermo dove era la sede dell’amministrazione centrale composta dal re  e dalla cancelleria, il gran connestabile , il grande ammiraglio che era una sorta di primo ministro e il maestro camerario. Sotto questi organi esistevano le università dove le città erano divise in città demaniali e feudali, a seconda se erano governate da un podestà regia o da un conte , esse conservarono i loro ordinamenti  anche se era presente un ufficiale che vigilava sulla giustizia e riscuoteva le tasse.

Ruggero II introdusse delle norme che garantivano la vita giuridica del regno, si trattava di leggi di diritto pubblico che privato che garantivano la volontà sovrana.  Il Regno di Sicilia era un vero regno feudale( che si estendeva dalla Sicilia fino a Gaeta) Il  re si serviva di questo sistema per rafforzare la sua autorità, tramite i vassalli regi che erano conti o baroni  che  potevano essere di origine militari o ecclesiastica. In politica estera il regno normanno cercò di porre le basi per un impero mediterraneo conducendo delle campagne in Africa Settentrionale e L’Oriente bizantino,  dove gli emiri si sottomisero al potere pagando un tributo, mentre in politica interna introdusse delle riforme legislative con la nascita di un efficiente apparato amministrativo che fece del regno normanno uno dei più potenti del Medioevo e destinato a durare a lungo.

Questa stabilità politica non era mai garantita, nei secoli si susseguirono diverse ribellioni da parte dei signori locali e le conquiste avvenivano in diverse modalità  con l’assoggettamento dei territori o città, le città più potenti tramite il patteggiamento, riuscirono a cogliere l’opportunità di liberarsi dagli obblighi anche con la forza. Questa instabilità avveniva soprattutto perché la corona voleva colpire le autonomie locali, attraverso una politica di accentramento e considerava le città degli organismi di controllo fiscale e non di sviluppo, inoltre lo stato normanno favoriva il commercio con i mercanti stranieri e questo mise in crisi i mercanti “regnicoli” che erano quelli che detenevano la produttività locale, questa politica economica portava la corona a stabilire accordi e alleanze economiche e militari portando i ceti urbani ad allearsi con i signori locali.

I normanni si dimostrarono come un popolo guerriero, favoriti dalle debolezze e dalle divisioni politiche, la guerra era uno strumento per accumulare ricchezze e oneri avendo come scopo, la nascita di signorie politico-territoriali chiamate contee.  Questi avventurieri si crearono una solida base politico-militare, attraverso il saccheggio e l’abilità di mettersi al servizio dei potenti, l’arrivo di gente nuova nel Sud Italia dava loro una sorta di lealtà cavalleresca tipica dei primi baroni meridionali.

© Testo di Antonio Ciappina
In copertina: Illustrazione d’epoca dell’organizzazione della società normanna – (se si condivide l’articolo indicare le fonti).

Centro Studi Normanni

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